I LOMBARDI A CORLEONE :: MOSTRA VIRTUALE

Il castello e le vigne di Mondondone

1158 maggio 5, Pavia
Milano, Archivio di Stato, Archivio Diplomatico, pergamene per fondi, S. Maria Mater Domini, cart. 654, fasc. 276a. Originale. (Riproduzione parziale della frase che riguarda le strutture del castello)
1162 maggio 2, Pavia
Milano, Archivio di Stato, Archivio Diplomatico, pergamene per fondi, S. Maria Mater Domini, cart. 654, fasc. 276a. Originale. (Riproduzione parziale della frase che riguarda le strutture del castello)

Trascrizione: Antonio Cavagna Sangiuliani, Documenti vogheresi dell’Archivio di Stato di Milano, Pinerolo, [Societa storica subalpina], 1910 (Pavia, Scuola tip. Artigianelli]), n. LXXV, pp. 114-6, n. LXXX, pp. 119-20
∞ Biblioteca Universitaria di Pavia: Coll. 8º 46 47

Le strutture del castello di Mondondone non sono ora più visibili. La documentazione relativa alla fortezza, al territorio e agli abitanti è però abbondante e si è salvata grazie all’acquisizione dei beni e delle pergamene da parte del monastero di S. Maria del Senatore di Pavia nel corso del sec. XII. I documenti sono stati scelti perché mostrano il progressivo incremento delle strutture difensive del castrum nel corso di tredici anni scarsi.
Una prima quota di questo "condominio" (il castrum è infatti diviso in ventiquattro quote ideali) è acquistata dalla badessa Sinelinda nel 1158 (vedi 1). Chi vende sono membri della famiglia pavese dei de Cremona ⁄ de Curte Cremona: una prima quota è ceduta da Gerardo e dal figlio Bertramo; da parte sua Nicolò, figlio del fu Gisulfo, cede la quarta porzione del castello e della curtis. A Mondondone vi era quindi una curtis, cioé un’azienda agricola adiacente al castello dotato di mura, localizzato in una zona di collina e munito di fossato. All’interno delle mura, cone anche nella curtis, vi erano case, sedimi e terreni coltivati. I de Cremona cedono anche i diritti sulla chiesa del castello dedicata a Sant’Archelao e altri diritti signorili, ad esempio quelli sul mercato o la facoltà di esercitare la giustizia. Come in molte altre località, nella seconda metà del XII secolo una parte degli abitanti del luogo si era ormai stabilita fuori dalle mura del castello, nella curtis e nella villa. Nel 1162 altri membri della stessa famiglia pavese cedono alla badessa le loro porzioni del castello e della curtis di Mondondone, e questa volta nella quota ideale è compresa la torre e, appunto, la villa (vedi 2). Saranno poi i componenti della stesso gruppo parentale a vendere, nel 1171, a Caldera, Zavatta e Bertramo Cani beni, tra cui la ventiquattresima parte del castello. I Cani erano un’importante famiglia pavese di ceto consolare: lo stesso Caldera fu console di Pavia nel 1168 e nel 1178.

1171 febbraio 14, Pavia. Milano, Archivio di Stato, Archivio Diplomatico, pergamene per fondi, S. Maria Mater Domini, cart. 654, fasc. 276a. Originale. (Riproduzione parziale della frase che riguarda le strutture del castello). Trascrizione: CAVAGNA SANGIULIANI, Documenti vogheresi dell'Archivio di Stato di Milano, n. XCIV, pp. 135-7.
1171 febbraio 14, Pavia
Milano, Archivio di Stato, Archivio Diplomatico, pergamene per fondi, S. Maria Mater Domini, cart. 654, fasc. 276a. Originale. (Riproduzione parziale della frase che riguarda le strutture del castello)

Trascrizione: Antonio Cavagna Sangiuliani, Documenti vogheresi dell’Archivio di Stato di Milano, Pinerolo, [Societa storica subalpina], 1910 (Pavia, Scuola tip. Artigianelli]), n. XCIV, pp. 135-7
∞ Biblioteca Universitaria di Pavia: Coll. 8º 46 47

 

 

Nel 1171 la vendita riguarda la ventiquattresima parte del castello, dell’azienda agricola, del dongione e del centro abitato esterno, oltre ai diritti sui servi che abitavano nel luogo e alla facoltà di esercitare la giustizia, di essere ospitati, di riscuotere i diritti sul mercato e di controllare la chiesa locale. Il documento è particolarmente significativo in quanto vi è menzionato per la prima volta il dongione (vedi 3), recinto fortificato interno al castello generalmente dotato di un proprio ingresso, nel quale si trovavano edifici tra cui la sede del signore o del potere che controllava la struttura difensiva. Il dongione era un nuovo elemento difensivo che si stava diffondendo dalla Francia nell’Italia settentrionale proprio in quegli stessi anni.
I terreni dell’azienda agricola dipendente dal castello di Mondondone e di proprietà del monastero del Senatore di Pavia si estendevano sul versante soleggiato ai piedi dell’altura sulla cui cima si ergeva la fortezza.
È di particolare interesse, proprio perché incide sul paesaggio agrario, definire il metodo di coltivazione della vite, che poteva essere sia specializzata sia promiscua. Nel Vogherese, e quindi anche nella zona di Mondondone, si possono riscontrare tre tipologie d’impianto: la prima è quella dei «filagni» con file di alberi (tutori vivi) sui quali sono arrampicate le viti; fra un «filagno» e l’altro potevano essere coltivati cereali o leguminose (la diffusissima forma dell’«alteno» o «piantata»). La seconda è quella dei «filagni» con pali (tutori secchi) intervallati anche questi da altre coltivazioni. Infine il vigneto specializzato o «vigna spessa», a filari con tutori secchi. La prima forma di coltivazione si può considerare seminativa e arborata; la seconda e la terza rappresentano invece coltura intensiva della vite, finalizzata alla produzione per il commercio. Pertanto, nella maggior parte dei casi i vigneti non si presentavano come uno scenario di filari ordinati, ma come appezzamenti dove la vite veniva coltivata assieme ad altre colture e, spesso, aveva come tutori gli alberi: corniolo, pioppo, acero, olmo e carpino.

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