Per un catalogo illustrato dei codici miniati della Biblioteca Universitaria di Pavia

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Hyginus, De Astronomia (Aldini 490)

Perg., I + 131 + I cc., 239 x 157 mm. - Legatura in cuoio impresso, XVIII sec. (?)
Bartolomeo Fonzio, Firenze (?), seconda metà del sec. XV.

Immagini

L’Aldini 490 contiene il De Astronomia di Igino, in quattro libri, ripetuti due volte (alle cc. 77r-127r sono riproposti i libri III-IV, poi i libri I-II, di nuovo il III, abbreviato), e stralci di altre opere a carattere astronomico. Igino ebbe un’importante tradizione iconografica, il cui archetipo si data alla metà dell’XI secolo (Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 123; Lippincott 2014, pp. 11-18).

Il testo della pagina iniziale è stato tagliato e incollato nel foglio attuale, con perdita dei bordi d’origine decorati, di cui restano alcuni dischi in lamina d’oro. Il codice presenta oggi due iniziali a bianchi girari all’inizio dei libri I e III (cc. 1r, 77r) e iniziali in oro campite all’inizio dei paragrafi. Le cc. 77r-97r, che includono il libro III, presentano le illustrazioni delle costellazioni, senza cornice né sfondo, secondo i principi del Papyrus style: sono in monocromo seppia, ritoccate talvolta con sobri colori ad acquerello, accompagnate da stelle rese come globi in oro in conchiglia.

Nel 1990 Cecilia Scatturin ha ricondotto le illustrazioni del codice all’umanista fiorentino Bartolomeo Fonzio, al quale già Annarosa Garzelli e Albinia De La Mare avevano dato il disegno della Calunnia di Apelle dell’opera di Luciano di Samosata, che Fonzio tradusse e trascrisse per Borso d’Este entro il 1472 (Berlino, Kupferstinckkabinet, cod. 78 c. 26, s. II v.), i disegni del taccuino autografo (Oxford, Bodleian Library, ms. lat. misc. d. 85, f. 137v), un altro esemplare di Igino (Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. Lat. 1358). Dall’accostamento emergono evidenti punti di contatto: il tratto rapido e nervoso del contorno dei corpi e soprattutto dei capelli, il volto affilato con bocca e occhi sottili, i piedi affusolati. Tornano identiche anche certe posizioni, come quella con le braccia spalancate, e la vivace movimentazione del panneggio delle figure femminili, tipica di statue greche che l’umanista poteva conoscere grazie agli schizzi di Ciriaco d’Ancona, e spia dell’interesse per l’antico (Garzelli 1985, p. 85). La familiarità del Fonzio con la materia astrologica emerge anche dalle fitte annotazioni degli incunaboli dell’Astronomicon di Manilio e dei Phaenomena di Arato da lui posseduti.

Indipendentemente da questo studio, nel 2017 anche Maria Grazia Albertini Ottolenghi avvicina l’Aldini 490 all’Urb. Lat. 1358, e riferisce dell’attribuzione di quest’ultimo, da parte di Lippincott, al fiorentino Francesco Botticini. Tuttavia, il confronto tra l’Aldini e la Città di Vita (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pl. 40.53), scritta da Matteo Palmieri e illustrata da un artista identificato col Botticini (Garzelli 1985, pp. 95-97), induce a dare maggior credito all’ipotesi attributiva al Fonzio.

Elena Fede, Chiara Gazzola

Provenienza: Pier Vittorio Aldini (1773-1842). Acquistato dalla Biblioteca Universitaria di Pavia nel 1841.

Bibliografia: Aldini 1840, cat. 123, p. 23; De Marchi, Bertolani 1894, pp. 286-287; McGurk 1966, pp. 78-79; Vir` 1983, p. 172; Scatturin 1990, pp. 41-49; Lippincott 2012, pp. 1-13; M.G. Albertini Ottolenghi, in Scrittura dipinta 2017, cat. 23; Zucker 2017, pp. 153-212.