Per un catalogo illustrato dei codici miniati della Biblioteca Universitaria di Pavia

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Libro d’ore all’uso ambrosiano (Aldini 7)

Perg., III (I-II cart.), 150, II’ (cart.) cc., 105 x 77 mm. - Legatura moderna in pelle con impressioni in oro, dorso rifatto dopo il 1894 (il catalogo De Marchi, Bertolani descrive un dorso in velluto rosso, rovinato)
Maestro delle Vitae Imperatorum o suo stretto collaboratore, Pavia, quinto decennio del sec. XV

Immagini

L’adesione alla tradizione liturgica ambrosiana riconduce l’offiziolo all’ambito del Ducato milanese, mentre la presenza nel calendario (cc. 2r-18r) dei santi Agostino e Siro, patroni di Pavia, e Maiolo, abate di Cluny che raggiunse la città sul Ticino nella sua opera di diffusione della regola cluniacense, suggerisce di circoscrivere la collocazione del manoscritto in area pavese (cc. 12v, 17r, 7v).

L’Ufficio della Vergine presenta 11 iniziali istoriate dal corpo rosa su campo in foglia d’oro, 133 iniziali filigranate e 585 iniziali a inchiostro rosso e blu, che suddividono gerarchicamente il testo.

Le miniature del codice sono state ricondotte a un collaboratore del Maestro delle Vitae Imperatorum (M.G. Albertini Ottolenghi, in Scrittura dipinta 2017, cat. 2).

In effetti, le loro caratteristiche stilistiche, quali in particolare il grafismo insistito dei’eloquenza dei gesti, rinviano all’anonimo miniatore attivo in Lombardia tra il 1430 e il 1450 circa, capo di una prolifica bottega al servizio della corte milanese e artista favorito da Filippo Maria Visconti (Toesca 1912, p. 219; F. Lollini, in Dizionario biografico 2004, pp. 587-589; Ritz-Guilbert 2010, pp. 139-298).

Uno degli emblemi del duca, il monogramma IHS (Iesus Hominum Salvator) di Cristo sormontato da una corona, compare nel codice in corrispondenza dell’incipit dell’Ufficio della Vergine (c. 19r): la sua presenza può costituire un indizio per ricondurre il manoscritto ad un ambito cronologico che non deve allontanarsi di molto dalla data di morte del duca, il 1447 (Melograni 1990, p. 306, nota 100).

Un ulteriore elemento che suggerisce una datazione intorno agli anni finali della carriera del Maestro è ra’Ufficio della Vergine conservato presso la Biblioteca Universitaria di Bologna (ms. lat. 1148), attribuito al Maestro delle Vitae Imperatorum da Ilaria Toesca (1969, p. 74) e che la Tognoli Bardin riferiva ad una fase matura della carriera del miniatore, caratterizzata da toni più pacati e maturi rispetto a quelli giovanili, eccitati e nervosi (Toesca 1969, p. 74; L. Tognoli Bardin, in Arte in Lombardia 1988, cat. 16; Mulas 1993, p. 397; Ritz Guilbert 2010, p. 137. L’offiziolo è invece ricondotto ad uno stretto collaboratore del Maestro da Melograni 1990, pp. 284-285).

Le iniziali istoriate del codice bolognese, copiato dal francescano Antonio da Rho nel 1449 (e non 1448 come erroneamente indicato finora), presentano profonde affinità stilistiche con quelle di Aldini 7, tanto da far pensare all’opera di un unico collaboratore molto stretto del Maestro.

Si confrontino, a titolo d’esempio, la santa Monica del codice pavese (c. 120r) e la santa Chiara di quello bolognese (c. 1v): accomunano le due figure i volti tondeggianti, le bocche carnose e gli occhi socchiusi che conferiscono un’espressione apparentemente attonita, ma che, nell’intento del miniatore, doveva probabilmente rivelare la levatura morale e la concentrazione interiore delle sante.

Si noti infine che dal confronto fra i due codici emergono affinità anche dal punto di vista della tecnica di esecuzione acquarellata, caratteristica della fase finale della carriera del Maestro (Melograni 1990, pp. 284-296).

Chiara Copes

Provenienza: Pier Vittorio Aldini (1773-1842). Acquistato dalla Biblioteca Universitaria di Pavia nel 1841.

Bibliografia: Aldini 1840, cat. 302, p. 61; De Marchi, Bertolani 1894, p. 3; M.G. Albertini Ottolenghi, in Scrittura dipinta 2017, cat. 2.